Da Venezia a Cracovia / 2010
Da Venezia a Cracovia / 2010
Prima tappa: Venezia-Carnia, km 148 tempo in bici: h 4,47, media oraria km/h 27,3, dislivello metri 515
La partenza per un viaggio, grande o piccolo che sia, racchiude sempre un’enorme incognita e tanta eccitazione, un misto di inquietudine e di attesa, di aspettativa e di tensione.
Che ci sia un oceano da solcare o una montagna da scalare oppure una nazione da attraversare, il momento della prima virata, del primo passo o del primo giro di pedale è sempre solenne, significativo e liberatorio.
Questi pur semplici movimenti contengono infatti in se stessi l’atto dell’abbandono, del mutamento, della redenzione, della catarsi. Si salpa, si parte, si sale, si decolla: niente è più come prima, si inizia l’avventura e con essa si scopre il carico di misteri, di fascino, di desideri contenuti nel viaggio stesso.
E quindi la nostra avventura che è cominciata oggi dalla Salute in direzione di Cracovia (nel suo piccolo saranno oltre 1150 chilometri di pedalate) equivarrà certamente a un affascinante percorso di scoperta: di panorami, di gusti, di culture, di persone, di sapori.
E il sapore di oggi, qui nel campo della Salute, di fronte alle nostre acque del Canal Grande, è aspro e frizzante, tipico dell’adrenalina.
Un sapore che è nel palato di tutti noi, anche dei più “scafati” viaggiatori a pedali, ma che irrimediabilmente riemerge sulla punta della lingua ad ogni partenza.
Particolarmente concentrati, ma non certo preoccupati, i nostri due soci ultrasettantenni – Bruno e Gilberto – che in questa settimana di fatiche e di salite, di pedali e di forchetta, dovranno fare i conti pure con la loro carta d’identità.
Ma non ci sarà assolutamente alcun problema.
Il nostro spirito infatti è quello di iniziare assieme e di finire tutti in gruppo, senza fughe, strappi o scatti fuori luogo: andatura costante e mai troppo elevata, aspettandosi alla fine di ogni salita per permettere ad ognuno di affrontarla col propri passo.
Questo è il nostro trucco e la nostra filosofia del viaggiare in gruppo.
Quindi, nemmeno questa volta ci sarà alcun problema, neppure per loro due né tantomeno per l’altra decina di ultrasessantenni.
E agli antipodi, ma come si sa spesso gli estremi si toccano, è certamente lo stato d’animo della nostra “mascotte”, Davide, aggregatosi all’ultimo momento col gruppo di pedalatori.
Per lui, da poco maggiorenne, è la prima esperienza di viaggio lungo, con tutte le incognite che comporta rispetto al recupero dello sforzo. Ma l’età, in questo caso, è dalla sua parte e non ci sarà nemmeno per lui, ne siamo convinti, alcun problema, anzi.
E i nonni del gruppo sapranno di certo ben consigliarlo.
Un pizzico di effervescente sapore di viaggio c’è l’ha in bocca sicuramente pure lui, Sandro Simionato, il nostro Vicesindaco, ormai un habitué della nostra società ciclistica, amico che ci ha seguito da vicino nelle precedenti spedizioni.
Siamo certi che quest’oggi anche lui senta quel particolare aroma, probabilmente dovuto ad una comprensibile invidia data dal fatto di essere costretto a guardare i suoi amici, gagliardamente vestiti da atleti, mentre lui è imbrigliato nel completo d’ordinanza indossato nelle occasioni istituzionali… Si capisce che vorrebbe pedalare con noi e tornare bambino ma… sospira, ci abbraccia e ci augura buon viaggio.
E il presidente Franco? Pure lui alle prese coll’acre sapore della tensione: gli ultimi preparativi, gli accorgimenti restanti, i dettagli da far quadrare… Tutto sulle sue spalle come al solito, pur coadiuvato dal gruppo dirigente e soprattutto da Daniele, il nostro amico tour-operator dell’Ambra tour che ci ha immensamente aiutato a organizzare lo spostamento e il pernottamento di questo numeroso gruppone di ciclisti.
Non sono poche 21 persone in strada e la faccia preoccupata del presidente Franco lo sta a dimostrare! Ma, conoscendolo bene, alle prime pedalate la sua espressione contratta si rilasserà in un largo sorriso e comincerà a godersi anche lui le piacevoli sorprese del viaggiare.
Le onde in Punta alla Dogana sciabordano sulle rive e sulle fiancate dei motoscafi che di prima mattina incrociano i nostri sguardi ma a noi sembra già di sentire il rumore delle onde della Vistola, il fiume che attraversa Cracovia e che tra una settimana impareremo a conoscere. Nel frattempo sotto i nostri occhi, e sotto i nostri copertoni, vedremo scorrere le acque di altri fiumi, dal Piave al Tagliamento, dalla Gail alla Drava, e visiteremo città come Venzone, Tarvisio, Klagnefurt, Maribor, Bad-Radkersburg, Papa, Dudince, Dolny Kubin, Cracovia, Auschwitz, Czestochowa.
E don Mario, che è venuto a portarci il suo conforto e la sua benedizione, lui parroco dei Tolentini, dove abbiamo la nostra sede, ci offre una sua personale interpretazione del nostro viaggio, che percepisce come pellegrinaggio mariano, essendo noi partiti sotto la Chiesa della Madonna della Salute e concludendo il nostro lungo itinerario a Czestochowa, santuario mariano per eccellenza.
Beh, in effetti si può vederla anche così, comunque noi per non sbagliarci ci mettiamo sotto la ala protettrice di Mamma Madonna dei Veneziani: noi ciclisti ne abbiamo bisogno, dato che dietro ogni curva c'è un pericolo, dentro ogni macchina che ci affianca un'insidia, ogni fosso che fiancheggiamo può ospitare una frenata troppo ... Speriamo bene! Proviamo anche con i riti e le benedizioni, che male non fanno...
Tra un discorso e un rito, una foto ufficiale e una benedizione, lo scambio dei doni che il Comune ci affida da consegnare a al Comune di Cracovia, i tempi si allungano e quanto torniamo, rigorosamente a piedi, lungo le Zattere (sotto lo sguardo attento e vigile dei... vigili) verso Piazzale Roma, si sono fatte ormai le 9 e 30, anzi a dirla tutta è alle 10 in punto che la nostra spedizione prende il via.
Una trentina di orrendi chilometri trafficati della Triestina e poi finalmente ci tuffiamo nella rete stradale secondaria, col sempre caratteristico ponte di barche a Fossalta di Piave.
Quindi, dopo una cinquantina di km, abbiamo il piacere di essere ospitati nell'azienda agricola di Chiarano (Treviso) Beniamino e Riccardo Dario, padre e figlio, che in nome di una annosa amicizia, ci hanno offerto una ottima bicchierata con i loro vini accompagnata da formaggi e salumi “de casada”.
Insomma, una vera e propria evoluzione engastronomica che alla fine sostituirà il nostro pranzo: per quest’oggi Franco Gusso starà a riposo e solo da domani potrà deliziarci con la sua competenza culinaria.
Ripartiamo alle 12 e 30 quindi la provincia di Pordenone ci attende, con San Vito al Tagliamento e altri borghi ben curati, quindi si ounta verso Udine e la zona tristemente nota come epicentro del terremoto del 1976. Osoppo, Gemona, Venzone, dove ammiriamo la bella scalinata del palazzo Comunale che ci contiene tutti e 24. Sì, perché oggi siamo stati accompagnati anche da altri soci, da Massimo, Mirko e Bruno che a Chiarano sono poi rientarti a casa, ma anche da Gianni, Mauro e Alessandro che invece ci hanno accompagnato fino alla sede di tappa, a Carnia.
Alle 17 in punto, dopo 147 chilometri, abbiamo il piacere di raggiungere la nostra meta, un albergo collocato a fianco della statale che porta a Tarvisio. Siamo contenti, è andata bene, un acquazzone contenuto di soli 20 minuti ma quando siamo arrivati i vestiti erano già asciutti.
Certo, c'è ancora qualcosa da assestare nella gestione delle andature, dopo un paio di anni che non ci muovevamo così numerosi e per un percorso così lungo è come se ci fossimo un po' dimenticati i ritmi più consoni, ma da domani, la strada e il tempo ci faranno ritrovare i itmi e le andature più corrette per tutti, ne siamo sicuri.
Ben, qui è tutto da scoprire, tutto da vedere e… da raccontare. Seguiteci quindi, pedalando assieme a noi per l’Europa centrale!
Partenza da Venezia, ore 9,58, arrivo a Carnia ore 17.01, km 148, media oraria 27,3.
Seconda tappa: Carnia – Klagenfurt, km 124 tempo in bici: h 4,47, media oraria km/h 26,0, dislivello metri 2047
Prima alba di viaggio: quello che hanno osservato i nostri occhi aprendo le finestre questa mattina è esattamente ciò che uno desiderebbe non vedere mai. Un cielo livido, nuvoloni neri e bassi, carichi di pioggia, pronti a scaricarsi su di noi, un coperchio pesante e grigio che opprime la vista e demoralizza gli animi.
Con la voglia di ritornare immediatamente a letto a stento soffocata, ci mettiamo in moto di malavoglia alle 8.30, quasi tutti con la mantellina impermeabile per ripararsi dai primi schizzi di pioggia.
Se il buon giorno si vede dal mattino, oggi non sarà una giornata facile. E invece, la nostra perseveranza ciclistica è stata ripagata e mano a mano che la strada saliva verso Tarvisio il cielo si è lentamente aperto facendo intravvedere perfino qualche spiraglio di azzurro.
La buona stella del viaggiatore sta facendo un buon lavoro e la dobbiamo già ringraziare: speriamo di non aver sparato oggi tutte le cartucce. Abbiamo altri 5 giorni di bici e necessitiamo ancora di protezione!
I primi 60 km sono stati di lenta ma implacabile salita, lungo la statale Pontebbana e poi abbiamo attraversato il primo confine e, dopo le foto di rito, eccoci in Austria, la prima delle 5 nazioni straniere che attraverseremo.
Dopo qualche chilometro, vicino a Villach, ci immettiamo in una stradina secondaria dove cominciamo a gustarci la vera Austria, con i prati perfettamente pettinati, le falegnamerie che emanano profumo di legno, di bosco, e un vago sentore di fieno leggermente marcito, un afrore stimolante e piacevole.
Su e giù dolcemente, uno strappetto e una bella discesona dove pennelliamo delle perfette curve che danno risalto al trenino neroverde perfettamente allineato e con gli ingranaggi molto più oliati di ieri.
Alle 12.30 in punto, protetti da un boschetto idilliaco, Franco Gusso sforna la sua prima pastasciutta, un ricostituente formidabile per tutti noi.
Tre chili di pasta sono un'ottima medicina per il nostro fisico e il nostro morale e la giornata, ora sotto un sole sfavillante, più mediterraneo che austriaco, prosegue sotto i migliori auspici.
Oggi, durante la sosta pranzo, vengo simpaticamente redarguito da Giorgio, che nel diario di ieri si è sentito escluso nella lista degli ultra-settantenni: effettivamente sono 3 e non solo Gilberto e Bruno.
Chiedo venia a Giorgio ma il motivo per cui mi ero dimenticato di includerlo è presto detto: dalla sua gamba, dai continui scatti, dalla perseveranza da mastino nelle salite o durante alcune lunghe tirate in pianura, nessuno crederebbe alla sua carta d'identità.
E così anch'io me ne ero dimenticato.
Dopo pranzo ci mancano pochi chilometri a giungere alla nostra meta, capitale della Carinzia e li copriamo di buona lena anche se c'è spazio e tempo per una foratura di Dino.
Giunti a 13 chilometri chiediamo a Piero, il nostro cartografo e profondo conoscitore dei percorsi, come sarà la strada. “Tranquilli, da qui tutta discesa” è la sua risposta e un metro dopo comincia una salita di quasi 2 chilometri che si rivelerà la più dura della giornata. Le orecchie ancor gli fischiano.
Alle 15.45 concludiamo quindi questa tappa, nel complesso breve (anzi sarà la più breve in assoluto) ma abbastanza mossa, con un dislivello considerevole di oltre 2000 metri.
L'albergo che ci ospita è a un chilometro dal centro di Clanforte (il nome italiano di Klagenfurt) e, di pomeriggio, dopo la rituale e liberatoria birra di fine tappa, andiamo a visitare il bello e vivace capoluogo della Carinzia.
Possiamo quindi posare sotto la fontana del Lindwurm, rappresentante il leggendario drago che avrebbe occupato il luogo su cui poi sorse la città. Domani i draghi dovremo essere tutti e noi 21, per percorrere la lunga tappa di 160 ondulati chilometri. Chi vivrà vedrà.
Carnia – Klagenfurt, km 124 tempo in bici: h 4,47, media oraria km/h 26,0, dislivello metri 2047. Chilometri complessivi percorsi in due tappe: km 271.
Terza tappa: Klagenfurt-Bad Radkersburg, km 166 tempo in bici: h 6,23, media oraria km/h 26,1, dislivello metri 2448
Se l'alba di ieri era pessima, quella odierna è stata addirittura peggiore. Dopo una incessante poggia notturna le prospettive erano veramente negative.
Eppure la nostra buona stella continua a brillare e ci regala un'altra giornata dalla temperatura ideale, senza una goccia, coperta e senza sole (conseguentemente fresca) fino a mezzogiorno e poi con cielo brillante al pomeriggio.
Tappa di ben 166 chilometri, con continui su e giù, quindi percorso “magna e bevi” come si dice in gergo ciclistico, ma che ci ha regalato deli scenari indimenticabili.
Protagonista assoluta è stata la Drava, maestoso fiume che ha scrutato di continuo il nostro incessante pedalare. Fiume poderoso, gonfio di acque: e pensare che tecnicamente è un fiume italiano e anzi è il più lungo, sopravanzando il Po di poco meno di 100 km, dato che nasce tra Dobbiaco e San Candido, anche se corre in territorio italiano per solo una dozzina di chilometri, i suoi primi vagiti di corso d'acqua. Alcuni di noi la conoscono bene avendo percorso la famosa ed omonima pista ciclabile che congiunge Dobbiaco con Maribor, in Slovenia, dopo aver attraversato tutta l'Austria. E proprio questa pista oggi l'abbiamo più volte incontrata e attraversata.
Durante tutta la mattinata abbiamo osservato stagliarsi sulle nuvole nere il muro boscoso e maestoso della catena montuosa delle Caravanche, che separa Austria da Slovenia e che sovrasta la Drava stessa.
Ma pedalarci a fianco è stata un'emozione assai intensa per i panorami che ci siamo goduti in questo spettacolare toboga che è stata la nera striscia di asfalto che ha accolto i nostri copertoni.
Su e giù, curve dolci che si aprivano su boschi di tutte le sfumature di verde che si specchiavano a strapiombo nelle acque del fiume e soprattutto una strada che consentiva di raggiungere andature assai gagliarde. L'unico vero inconveniente è stato il traffico, soprattutto nel tratto sloveno, che ci ha costretto a suddividere il gruppone in tre gruppetti da sette ciclisti l'uno, per consentire maggior scorrevolezza a macchine e camion altrimenti in difficoltà a superare il serpentone neroverde.
Sì, avete capito bene, ho detto Slovenia: oggi, a Dravograd, abbiamo fatto ingresso nella nostra terza nazione, che ospiterà la restante tappa a parte l'arrivo (per un solo chilometro sarà nuovamente in Austria).
Nel frattempo, tra una tirata e l'altra, il tempo si ristabilisce e noi per festeggiare maciniamo chilometri.
Saranno 118 quando raggiungiamo, alle 13 e 10, il nostro campo dove Chef Gusso è il re dei fornell: arriviamo che il sugo è già pronto, l'acqua gia in bollore e una sistemazione logistica (ombra, acqua, spazio per distendersi, alberi etc...) che migliore non si potrebbe desiderare. E tutto questo esattamente al chilometro concordato! Quest'uomo non finisce mai di stupirci. Brindiamo alla buona prima parte della tappa con un paio (anzi 3) bottiglie di prosecco (ogni scusa è buona, potreste pensare, ebbene sì, è proprio così...) e poi ci diamo dentro con gli spaghetti e qualche fetta di salame come antipasto.
Resuscita i morti e noi, come Lazzaro, torniamo in sella più vispi di prima per divorare, qesta volta, non più la pasta ma i restanti 50 chilometri.
Ci concediamo pure il passaggio e la visita al centro di Maribor, Marburgo in italiano, dove per qualche breve minuto il gruppo si disperde per poi ricompattarsi nella piazza principale dove immortaliamo la nostra venuta con qualche bella foto di gruppo. Quindi ci dirigiamo verso il confine austriaco e qui le numerose salite selezionano il gruppo, che ha deciso di darsi battaglia.
I più scalpitanti (e qui la carta d'identità non centra) affrontano gli strappi con andature garibaldine (ecco forse un collegamento tra il nostro viaggio e quello bello dell'amico e ciclista Paolo Rumiz narrato in questi giorni nelle pagine di Repubblica) e si accende la battaglia.
Il viaggio è anche questo, una sfida, un simpatico sfottò, tutta fonte di successive battute, spesso salaci, durante la cena successiva.
Alle 17.40 giungiamo finalmente a Bad Radkersburg, bella cittadina austriaca sede di famose terme. E proprio lì, nelle acque termali, si conclude il nostro lungo viaggio: un gruppo rilassato e contento si gode gli idromassaggi (eccezionali per i nostri muscoli leggermente indolenziti), le piscine calde e fredde, addirittura la sauna e concludiamo veramente in bellezza. C'è anche spazio per ammirare i tuffi dal trampolino di Alberto e di Gilberto, mentre qualcuno di noi, sprovvisto di costume, ha sfoggiato le braghette da ciclista anche in piscina, dando un tocco di atleta decoubertiniano delle Olimpiadi del 1896.
E anche il giovane Davide ha fatto un salto di oltre un secolo all'indietro.
Di sera, poi, andiamo a visitare la bella e storica cittadina, con notevoli mura medievali. Sapere che qui è stata la sede della storica fabbrica di biciclette austriaca (la Puch) ci infonde ancor più energia.
Siamo già pronti a ripartire e per conquistare l'Ungheria. A domani.
Klagenfurt-Bad Radkersburg, km 166 tempo in bici: h 6,23, media oraria km/h 26,1, dislivello metri 2448.
Chilometri complessivi percorsi in tre tappe: km 437.
Quarta tappa: Bad Radkersburg-Papa, km 167 tempo in bici: h 6,19, media oraria km/h 26,4, dislivello metri 812
Sono capaci tutti di andare a Roma senza vedere il Papa, ma solo pochi, noi ad esempio possono dire di essere andati a Papa senza vedere Roma.
Sì perché oggi siamo giunti alla conclusione della quarta tappa presso la cittadina ungherese di Papa, detta l'Atene del Transdanubio (ecco quindi spiegato il riferimento a Roma).
Quesi viaggi riservano a volte delle sorprese, delle piccole chicche e Papa è una di queste, la scoperta di una cittadina ricca di storia, chiese, palazzi barocchi, musei sperduta nella pianura ungherese, a noi per niente conosciuta.
E' stata la degna conclusione di un viaggio vissuto a cavallo di tre nazioni, Austria, Slovenia e Ungheria, i cui confini abbiamo attraversato più volte lungo una stradine che si insinuava prima in una nazione e poi nell'altra (sto parlando di Austria e Slovenia).
A dire il vero non era neppure necessario leggere la segnaletica stradale per capire in quale delle due nazioni stavamo pedalando: bastava ascolare il fruscio delle ruote, che scorrevano morbide sul levigato asfalto austraico mentre rimbalzavano impazzite sulle mille sconnessioni di quello sloveno.
I primi 50 chilometri di questo continuo rimbalzare tra una nazione e un'altra si sono svolti in un magnifico panorama dominato da verdi foreste e dolci declivi, con traffico limitato e quindi è stato uno dei tratti più affascinanti del percorso. Poi, entrati in Ungheria, immediatamente ci siamo proiettati in un'altra dimensione, di campagna più povera, con case o casupole isolate, con grandi campi di zucche che facevano capolino dalla terra, suscitando una certa impressione di nudità.
A suscitare il nostro interesse e la nostra curiosità poi c'è stato il volo pennellato di qualche cicogna e l'osservare i grandi cesti/nidi che accolgono i loro piccoli. Insomma, ci siamo sentiti proiettati in un altro mondo, più antico e desueto rispetto i nostri ritmi e tenori di vita attuali.
Nello stesso tempo il panorama si è fatto più monotono, grandi campi (spesso di girasoli) hanno preso il posto delle foreste e colline austriche e slovene e tutto ciò ha reso il tutto un po' più monotono.
Ma anche la noia può essere qualcosa di positivo, acuisce i sensi, fa pensare e osservare dei particolari che in altri momenti non colpirebbero la nostra attenzione. Ognuno di noi 21 ciclisti ha visto qualcosa che lo ha colpito, talora magari stupefatto, durante le lunghe trenate, caratterizzate dal gran caldo.
E così abbiamo pensato anche agli amici che ci seguono quotidianamente da casa e che purtroppo saranno in attesa della nostra relazione che, ahinoi, questa volta non siamo ancora riusciti a mandare per tempo per contrattempi informatici.
Benedetta l'epoca dei piccioni viaggiatori! E il nostro caro pensiero va al socio Franco Puppato, anima del Pedale Veneziano, che questo viaggio doveva pedalarselo tutto ma che uno spiacevole incidente in bicicletta gli ha impedito di realizzare. Un affettuoso abbraccio a Franco da tutti noi, con gli auguri di pronta guarigione per la sua caviglia ingessata.
Chi non è ingessato è il gruppo, che alla fine si concede qualche simpatica scaramuccia prima di giungere alla meta. Risultato: battibecchi e continue punture di spillo tra i due combattenti Rino e Mario, che continuano i loro duelli nella stanza d'albergo che quest'anno condivisono. Se ne sentono delle belle.
Bad Radkersburg-Papa, km 167 tempo in bici: h 6,19, media oraria km/h 26,4, dislivello metri 812. Chilometri complessivi percorsi in quattro tappe: km 604.
Quinta tappa: Papa-Dudince, km 175 tempo in bici: h 6,25, media oraria km/h 27,1, dislivello metri 1680
Tappa domenicale quest'oggi, e quindi come tale caratterizzata da poco traffico, quindi tutti contenti, noi in primis.
La partenza dalla bella cittadina di Papa, che ieri sera abbiamo visitato in lungo e in largo, pur non trovando molto movimento in giro, a parte un gruppo di ragazze che festeggiavano un addio al nubilato e con cui abbiamo riso e scherzato per una decina di minuti, è avvenuta puntualissima alle 8.00, dopo una scherzosa benedizione “papale” del nostro presidente Franco dall'alto della finestra dell'albergo che si affacciava nella piazza principale della cittadina.
Il nostro maestro delle partenze, Biagio, che scandisce sempre il tempo che manca per ripartire, sarà ben contento. E noi dobbiamo ringraziarlo per come si mette a disposizione del gruppo, lui, fortissimo ciclista con più di 12.000 chilometri, che qui per scelta si mette a chiudere il gruppo, sempre ultimissimo, pronto ad aiutare chi dovesse avere qualche problema o chi si attarda nelle salite.
D'altronde in questi viaggi, e in questo ancor di più dato che si sviluppa all'estero e in paesi di lingua difficilmente comprensibile, nessuno deve mai, per nessun motivo, rischiare di restare solo e magari perdersi. Quindi Biagio è una sicurezza e un grande aiuto. Grazie.
A proposito di lingue incomprensibili, l'ugro-finnico non è il nostro forte: la lingua ungherese è quanto di più complicato non ci sia in Europa e gli attraversamenti dei paesini a volte ci rivelano dei cartelli stradali con 15 o addirittura 18 lettere, quasi tutte consonanti e pochissime vocali ma anche la Slovacchia non è da meno. Gli ultimi scampoli di Ungheria ci hanno regalato altre foreste, stradine ombrose e rilassanti, moltissime pale eoliche che ci fanno capire come questa piatta pianura sia battuta dal vento.
Poi, attorno all'ottantesimo chilometro, abbiamo attraversato il possente Danubio e abbiamo fatto l'ingresso trionfale in Slovacchia.
L'impressione che abbiamo avuto è quello di un paese agricolo e ancora abbastanza arretrato, con casupole, piccoli orti, qualche animale da cortile, un paio di vacche e poco più. In compenso abbiamo attraversato incredibili distese di girasoli, ormai abbastanza rinsecchiti. Guardando loro e poi volgendomi a guardare le nostre facce, non ho potuto astenermi da fare un paragone con questo gruppo di vecchiacci.
Ma quanto siano tosti questi vecchiacci lo hanno dimostrato anche oggi, con 175 chilometri di su e giù e con una temperatura che oggi ha veramente dato qualche problema. Caldo, sudore, stanchezza eppure siamo tutti qui, e abbiamo fatto quasi 800 km in 5 giorni. La sosta pasta è stata sicuramente rinfrancante anche perché avvenuta dopo ben 130 chilometri e nel mezzo della canicola.
Poi alla ripartenza due belle salite con una pendenza del 12 per cento hanno messo alla prova la nostra resistenza ma una anguriara in mezzo al prato ci ha restituito gioia, freschezza e un po' di zucchero.
E' stato sicuramente uno dei momenti più divertenti e piacevoli, finora, del nostro viaggio.
La piscina dell'albergo, siamo in piena zona termale, ci ha regalato un ulteriore momento di relax ed ospitato sfide natatorie tra noi veneziani.
Papa-Dudince, km 175 tempo in bici: h 6,25, media oraria km/h 27,1, dislivello metri 1680 Chilometri complessivi percorsi in cinque tappe: km 779
Sesta tappa: Dudince-Dolby Rubin, km 151 tempo in bici: h 5,49, media oraria km/h 24,3, dislivello metri 3070
Tappa di salita oggi, in effetti ci siamo sciroppati i monti Tatra in lungo e in largo e abbiamo quindi abbandonato la piatta pianura dei giorni precedenti dedicandoci alla montagna. Per far ciò ci siamo inerpicati lungo dolci vallate, risalendo alcuni torrenti ed abbiamo anche provato l'ebbrezza, nel complessivo gran caldo della giornata, di tuffarci in alcune isolate nuvolette fantozziane che ci hanno aiutato nascondendoci il sole proprio durante la prima ascesa.
Nuvole date dalla condensa e dal gran caldo.
Pedalata costante, implacabile da parte di tutto il gruppo, anche perché nonostante tutto siamo entrati in forma e le gambe ora girano decisamente meglio dei primi giorni.
Quasi quasi proviamo un leggero senso di amarezza e delusione perché ci stiamo rendendo conto di essere giunti quasi alla fine.
Si potrebbe definire la sindrome del “Sabato del villaggio” ed in effetti spesso ci capita di pensare che questa esperienza particolarissima sta per finire e subentra di conseguenza un certo qual senso di insoddisfazione.
Ma poi torniamo alla realtà, che vuol dire pedalare, che vuol dire salita, che vuol dire superare i quotidiani imprevisti.
Quest'oggi si sono materializzati sotto forma di autostrada: la nostra statale si è trasformata improvvisamente in veloce autostrada e noi vi abbiamo pedalato per una decina di chilometri prima di arrivare alla prima uscita.
Ma questo pare non aver sconvolto nessuno dei locali, tanto è vero che una macchina della polizia si è avvicinata a noi e non ci ha neppure redarguito, ma anzi ci ha scortato per i restanti chilometri, dandosi il cambio con altre pattuglie, e poi anche sulle strade secondarie che abbiamo percorso.
A noi questo trattamento ha fatto da un verso piacere, ma dall'altro ci ha creato un po' di disagio perché - posizionandosi alla fine del gruppo e viaggiando in mezzo alla carreggiata per proteggerci - i veicoli della polizia creavano dei grossi disagi al traffico automobilistico e causando, soprattutto in salita, delle lunghissime e imbarazzanti code di automobili e dei grossi camion.
Se volete è stata un po' la rivincita delle bici sugli altri mezzi a motore, ma noi cerchiamo sempre di arrecare meno disagio possibile sulle strade, e così oggi non è stato, ma non certo per colpa nostra.
Ovviamente, quando si parla di affrontare delle rampe, ognuno sale col proprio passo e poi ci si aspetta in cima, ma questo non impedisce certamente che i più combattivi la affrontino al massimo dandosi battaglia.
Un po' di sano agonismo è il pepe del gruppo e soprattutto offre infiniti spunti di discussione nelle giornate successive.
Quest'oggi, oltre ai soliti Mario, Rino, Paolo, Giorgio e Alberto, si è aggiunto il tenace Alvise, che sta vivendo queste giornate di viaggio come un'esperienza mai provata prima e come tale entusiasmante.
Ebbene oggi si è divertito ancor di più dando prova di una buona resistenza in salita. Avrà molto da raccontare alla figlia al rientro a casa...
Un altro che continuamente esprime il proprio entusiasmo è il nostro campione dello sport, Bepi Bufalo, che siamo onorati di avere come socio e come amico proprio per la sua integrità fisica e morale e per la stoffa di campione che è sempre ben evidente, nonostante abbia cambiato forcole e remi con sella e manubrio.
La cima Coppi del viaggio (1045 metri, a dire il vero poca cosa per noi che siamo abituati ad inserire in viaggi come questi salite classiche delle Alpi o dei Pirenei) ci ha visto festeggiare la sua conquista con un'abbondante pastasciutta in uno splendido scenario di montagna. Per farvi capire quanto qualcuno di noi fosse obnubilato dalla lunga ascesa, c'è stato chi è tuttora convinto di aver sentito il tipico fischio delle marmotte.
In effetti era solo l'allarme di una macchina parcheggiata a qualche centinaio di metri da noi, ma non gli è stato rivelato l'arcano, per evitare di fargli capire che qualità di “cotta” avesse preso.
Per fortuna anche le montagne slovacche, come tutte le montagne del mondo, offrono dopo una salita una bella discesa, a dire il vero un po' pericolosa per l'asfalto parecchio sconnesso, ma siamo scesi con la dovuta cautela e ci siamo goduti alcuni chilometri splendidi, con lunghissimi falsopiani che consentivano di sviluppare velocità molto elevate (sopra i 50 kmh) senza troppa fatica. Insomma, dal punto di vista ciclistico sono stati alcuni tra i momenti più indimenticabili del viaggio.
Bella la sede di tappa, Dolby Kubin, elegante cittadina ai piedi dei Tatra, centro turistico/sportivo della regione di Zilina, con un ponte in legno molto caratteristico che ricordava, per quanto alla lontana, il Ponte di Bassano.
Oggi è l'ultima notte da nomadi viaggiatori, domani giungeremo a Cracovia e l'eccitazione si percepisce nettamente. Noi cercheremo di mantenere alto il livello di attenzione e tutto continuerà per il verso giusto.
Dudince-Dolby Rubin, km 151 tempo in bici: h 5,49, media oraria km/h 24,3, dislivello metri 3070. Chilometri complessivi percorsi in sei tappe: km 930.
Settima tappa: Dolby Rubin-Cracovia , km 160 tempo in bici: h 6,22, media oraria km/h 25,3, dislivello metri 2243
Appuntamento a Rabka, ore 13, sotto il campanile di una chiesa e vicino al cimitero, segno di riconoscimento (come se ce ne fosse bisogno...): maglia neroverde.
Come degli 007 d'oltrecortina abbiamo oggi fissato un importante appuntamento con Andrzej, il giovane ciclista polacco che avevamo conosciuto in Norvegia nel 2007 durante il viaggio a Capo Nord. Eravamo a 5 tappe dalla fine del viaggio, nellla bella cittadina di Alta, davanti ai millenari graffiti rupestri, ci si è avvicinato un giovane, alto, biondo, ciclista solitario con bagagli di 40 chilogrammi, che, con una sfacciaggine notevole (ma encomiabile) ha avuto il coraggio di chiederci di potersi unire al gruppo.
E noi ben volentieri lo abbiamo accettato, condividendo negli ultimi giorni letti, fatica e pastasciutte. Abituato al ponderoso bagaglio, in quei giorni, liberato da quel pesante carico trasportato dal furgone, Andrzej ha volato al nostro fianco e per lui sono state delle giornate eccezionali e indimenticabili.
Quindi oggi le tessere del puzzle si ricompongono, in un unico disegno, da viaggio nasce viaggio, l'incontro occasionale diventa amicizia. Dopo tre anni stiamo per rivederci, ansiosi di riconoscersi reciprocamente.
E quando una macchina grigia, sgommando, parcheggia vicino a noi e ne esce il guidatore, facciamo un tuffo nel tempo e lo ritroviamo. Mancano 80 chilometri a Cracovia e i primi 80 sono stati bellissimi, con lo spettacolare attraversamento della Valle dell'Orava, fiume impetuoso che abbiamo attraversato più volte in un continuo inseguimento reciproco.
Abbiamo ammirato un incredibile castello abbarbicato su di un cucuzzolo che pareva tenersi aggrappato con le unghie sul suo sito, sfida perpetua alla natura.
E in questa verde vallata abbiamo incontrato paesini con case completamente in legno, dal tetto alle facciate, che ci hanno permesso di fare un salto nel tempo di qualche secolo.
Il tempo oggi, per la prima volta, promette seriamente pioggia e le nuvole grigie si scuriscono sempre di più. Ci consoliamo solo, nel caso dovesse veramente piovere, col detto “arrivo bagnato, arrivo fortunato”.
D'altronde per il momento siamo stati fortunatissimi e anche in caso di una spruzzatina odierna dovremmo sempre ringraziare la nostra buona stella.
Ecco, arriva Andrzej, partiamo e la spruzzatina diventa spruzzatona, piove a dirotto anche se non in maniera torrenziale ma più di qualcuno indossa una doppia mantellina, anche perché la temperatura è calata di molto.
La giornata si trasforma in una tappa epica, con visi incrostati di fango, gambe nere e scarpe grondanti.
Per fortuna Andrzej ci fa prendere una stradina secondaria, altrettanto bella rispetto quella di questa mattina e tutto sommato ci divertiamo, anche se la potenzialità della strada resta inespressa per il tempo inclemente.
In poche parole, ci siamo ripromessi di ritornare.
Purtroppo la pioggia ci ha impedito di organizzare la pastasciutta e quindi abbiamo dovuto saltare il pranzo, accontentandoci di mangiucchiare qualcosa dal furgone, ma in quantità assolutamente insoddisfacente: tra la pioggia, il freddo e l'orgasmo di arrivare a destinazione, il nostro stomaco è restato assai insoddisfatto. E noi, alla fine siamo giunti sfiniti. Sfiniti ma felici, anzi felicissimi, e la piazza del Mercato ha accolto un gruppo entusiasta e felice, che ha intonato un inno di Venezia che ancora rimbomba e riecheggia negli splendidi palazzi cittadini.
Felicissimi i compagni di merende (Bepi, Gilberto, Bruno e Piero), raggiante il bocia Davide per aver superato in scioltezza la prova e per aver trovato dei nuovi amici (primo di tutti Romeo che si è messo a sua disposizione come gregario, lui di 40 anni meno giovane...), contenta la coppia dirigenziale degli Angiolin, padre e figlio, perché tutto è filato più o meno liscio, insomma tutti e 21 abbiamo la nostra bella soddisfazione, anche Mario, Dino, Gianni, Alvise e tutti gli altri.
Un grazie a voi che ci avete seguito e in particolar modo a Ve.Sport e ad Alessandro Rizzardini, che ci ha consentito di restare in collegamento col mondo.
Ciao e al prossimo viaggio a due ruote!
Dolby Rubin-Cracovia, km 160 tempo in bici: h 6,22, media oraria km/h 25,3, dislivello metri 2243.
Chilometri complessivi percorsi in sette tappe: km 1090.