Prima tappa

 

Tappa 1: Venaria Reale-Torino (19,3 km)

 

La partenza delle partenze

La solennità dell’occasione è esaltata dalle quinte teatrali della via Mensa che incorniciano in prospettiva l’ingresso della sfarzosa reggia di Venaria Reale, incastonata in un verdissimo parco. Il duro ciottolato iniziale ci introduce nella suggestiva piazza del’Annunziata con le chiese gemelle. È un susseguirsi di striscioni rosa, bandiere italiane e cappelli piumati, poiché Torino, in questa sorta di “intasamento culturale” dovuto al centocinquantenario dell’unità ospita contemporaneamente sia la partenza del giro ‘Italia che l’84° raduno degli alpini. Magliette di lycra e ruvide camice a scacchi, caschi e cappelli piumati, bici in carbonio e fiaschi impagliati convivono in un equilibrio fragile ma resistente.






















Juventus Arena

Dopo tre chilometri si sfila a fianco dell’avveniristico nuovo stadio in costruzione della Juventus, primo esperimento italiano di campo sportivo di proprietà di una squadra. Pensando alle centinaia di persone disposte a spendere somme importanti per far incidere il proprio nome sul pavimento di questo tempio profano edificato al dio bianconero, rifletto sulla grande differenza tra calcio e ciclismo. Un tifoso delle due ruote può liberamente scrivere a caratteri cubitali il proprio incitamento lungo l’asfalto del Giro, financo il proprio nome, in un’enorme arena all’aperto senza steccati o divisioni, senza poliziotti in assetto di guerra. Passando sotto questa enorme navicella spaziale mi viene un’improvvisa voglia di scrivere il mio nome in cima allo Zoncolan. Gratis. Se ci arrivo, giuro che lo faccio.






















Nel nome di Toni l’alpino

Negli ampi viali sabaudi ancora alpini, effluvi di vino e di grappa, addirittura un accampamento attrezzato per i molti camperisti piumati. Saranno giornate ad alta gradazione. E improvvisamente mi torna alla mente una figura in bianco e nero, il volto di Toni Meneghin, detto Toni l’alpino, simpatico personaggio che ogni tanto si affacciava nello schermo dei nostri tubi catodici ai tempi del Giro di De Zan. Era vicentino di Chiampo, precedeva il giro di qualche minuto e tagliava a braccia alzate il traguardo. Romanticismo e ingenuità. Altri tempi. Ero affascinato mentre da ragazzino lo guardavo in televisione e solo ora mi rendo conto che se oggi a cinquant’anni suonati sono qui, a precedere il Giro, è certamente per merito suo.





















“Cerea”

Entrando in un caffé del centro mi colpisce quest’espressione di saluto, desueta, sabauda, ma abbastanza curiosa. Nel nome di questo antica e rispettosa formula di cortesia a Torino è stata fondata la più vecchia società di canottaggio italiana, la Reale società dei Canottieri Cerea. È il primo saluto dialettale che mi accoglie durante il viaggio, voglio annotarli tutti in una sorta di Giro d’Italia della cortesia.


Personaggio di oggi

Prima di tagliare il traguardo di questa brevissima tappa ho ancora un obbligo morale: rendere omaggio a Valentino Rolando, un ottuagenario che nel 1956 ha compiuto un’impresa formidabile. A meno di trent’anni ha abbandonato tutto, compresa una brillante carriera in un avviato studio notarile, e ha fatto il giro del mondo in bicicletta in compagnia del suo più caro amico, Adriano Sada. Con bici pesanti, non attrezzate per un viaggio di quelle proporzioni, i due giovani torinesi hanno viaggiato in Europa dell’Est, Iran, Iraq, Afganistan, Pakistan, India, Bali, Giacarta, Singapore, il Vietnam, il Giappone per concludere il lungo viaggo con un coast to coast americano. Gli chiedo il segreto di quel viaggio. “Andare avanti senza mai rifare la stessa strada, senza tornare mai sui propri passi, essere aperti ogni giorno alla novità”. E negli occhi gli brilla la luce del viaggio.























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venerdì 6 maggio 2011

 
 

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