Giungiamo sotto la massiccia fortezza di Segna, Senj, base principale dei temibili pirati Uscocchi, proprio dove passa il 45 parallelo, e restiamo immagati col naso all’aria ad osservare le possenti mura che lo trasformano in un castello dell’Orco cattivo delle fiabe.

Sarà l’atmosfera magica dei corsari comunque qui succede il patatrac e a un bivio il primo gruppo infila la strada giusta lungo la costa mentre gli altri due – composti da 15 unità – prende una strada interna che comincia a inerpicarsi. E qui ci perdiamo. Dopo un’oretta di telefonate frenetiche capiamo che siamo su due strade totalmente diverse e che la salita che i primi stanno affrontando (anch’essa leggermente distaccata dalla costa) è ben diversa da quella spietata, dura, di quindici chilometri che porta a un passo di 750 metri d’altezza, che si stanno sciroppando gli altri.

In tutto questo i due mezzi d’appoggio, fermatisi per fare rifornimento (l’acqua che beviamo è veramente tanta, anche se il caldo non è tremendo, anzi il clima è secco e ci sta risparmiando…) sono distanti da noi e ognuno deve contare esclusivamente sulle proprie forze e sui propri approvvigionamenti custoditi gelosamente nei tasconi delle nostre maglie neroverdi.

Per fortuna lungo la salita troviamo qualche anima pia che ci passa un paio di bottiglie di acqua ghiacciata ma per il resto ci troviamo in un momento difficile. Allora si prende la decisione: il furgone ha raggiunto il gruppo dei “perduti” (anzi ha fermato il giovane Fausto che in un impeto di giovanilismo – restato da solo in testa – aveva già cominciato la discesa inoltrandosi per le Alpi Dinariche e si sarebbe inoltrato pericolosamente col serio rischio di perdersi definitivamente…) li carica a bordo con l’aiuto anche della macchina di Piero, il nostro angelo custode col mal di schiena che ci segue pure lui motorizzato per qualsiasi evenienza, e facendo la spola in due viaggi riporta tutti all’imbarco del traghetto per l’isola di Pag, dove intanto il primo gruppo in bicicletta sta puntando.

Infatti oggi è prevista una diversione attraverso quest’isola, famosa per i suoi formaggi, prima di giungere a Zara. Sulla piazzola del traghetto, in attesa del ricongiungimento, cerchiamo un filo d’ombra dove allestire il campo per la pastasciutta: niente di niente. E allora sotto il solleone, sull’asfalto incandescente costruiamo una struttura con teli e tiranti per ripararci e mettiamo sul fuoco l’acqua. Immagino cosa pensi di noi la tanta gente che fa la fila al traghetto: ci considereranno dei matti, ma noi pur di rifornirci della nostra indispensabile dose di carboidrati facciamo questo e altro. E c’è pure chi, nelle trasparentissimi acque del porticciolo, si rinfresca con un bel tuffo.

Il recupero di tutti gli altri è più lungo del previsto, il primo carico di sei è arrivato proprio per la pasta ma il secondo è ancora “in alto mare”: la tappa rischia di saltare perché mancano ancora ben 90 chilometri e quindi si decide di andare avanti in bici e gli altri, con grande disappunto del nostro fortissimo Candido Vignotto, “Arsenico” che si sarebbe tagliato un braccio pur di essere con noi a pedalare, sono costretti a raggiungere Zara direttamente sul furgone. Pensiamo che più di qualcuno sia contento per questo riposo inaspettato…

Effettuiamo il traghetto in un mezzo che ci ricorda i vecchi ferry boat che collegavano Lido a Pellestrina, totalmente scoperto, un guscio di noce nell’imponente Golfo del Quarnaro e giungiamo a Pag.

Qui inizia l’inferno, un deserto di pietre e ciuffi d’erba, la desolazione più totale, il sole che batte a picco e non ti risparmia: fare 90 chilometri in queste condizioni sembra impossibile, anche perché sono già le 16.00. Alberto LG si ferma da solo ad aspettare il pulmino per fare assieme a Candido il tragitto e raggiungerci in seguito (non sa ancora della decisione del pulmino di tirar dritto così si dovrà fare più di 50 chilometri da solo prima di raggiungerci, ma la sua esuberanza e forza fisica glielo consentono alla grande) e gli altri si incamminano tra paesaggi sconcianti, con carcasse di pecore maleodoranti ai bordi della strada. Messico? Sahara? Luna? No, siamo in Adriatico.

Sul lato occidentale dell’isola non cresce vegetazione, i montarozzi brulli si susseguono e li superiamo in silenzio, concentrati su noi stessi, poi quando finalmente la strada punta sul lato orientale dell’isola scopriamo un’altra Pago, un po’ più accogliente, con qualche albero, ciuffi di verde, meno lunare. Alberto F., il cercatore di leoni, non se la sente di dire ai suoi compagni di fare una deviazione per la bella Pago, che conserva tre esemplari: qui bisogna portare la pelle a casa, non c’è tempo per la filosofia!

Essenziale è l’aiuto che ci porta Giancarlo in moto, con l’assistenza nel sellino posteriore della sorridente Roberta – che si sente tornata ragazzina a scorrazzare col vento tra i capelli (e senza fare un minimo di fatica…) – che ci passano merendine, bottiglie di acqua e di coca cola.

È uno stillicidio: altri tre ciclisti decidono che il loro personale Big Ben ha detto stop e vengono recuperati in strada dalla gentile Corina (che col gruppo di mogli e compagne, Manuela, Sabrina e Nadia, sta seguendo parallelamente il gruppo fin da Venezia con un mezzo proprio e che si ricongiungono ogni sera in albergo ai loro cari) poi altri tre, a 20 chilometri dall’arrivo di Zara si fermano in attesa che l’autista Gusso passi a recuperarli (passeranno due ore in attesa che arrivi e giungeranno in albergo solo alle 21.45 dopo aver rischiato di esser scambiati per “lucciole” sul ciglio della strada…) e i cinque superstiti piombano sulla bella Zara alle 20.30, con le luci già abbondantemente calate, alla fine di questa infinita tappa che doveva essere facile e invece ha sfiorato il dramma. Comunque, è bene quel che finisce bene.

Beh, quando avremo la freddezza e la lucidità di ripensarci, non adesso a caldo, siamo sicuri che sarà fonte di scherzi e sfottò. Il tipico imprevisto che rende un viaggio avventuroso e unico. Ma adesso è troppo presto, basta vedere il viso enigmatico di Candido per capire che ci vorrà ancora del tempo per digerire il tutto…